Secondo un campione di 927 aziende, per 6 su 10 è difficile fare previsioni sul 2023
Quasi il 40% ridurrà gli investimenti, mentre solo il 14% dice che intende farne
Incertezza. È questa la parola che sintetizza il sentimento delle imprese artigiane e delle Pmi per l’anno appena iniziato. Dopo un 2022 di consolidamento post Covid, un insieme di diversi fattori che vanno dallo shock energetico, all’inflazione fino alle tensioni internazionali generate dal conflitto ucraino, non consentono infatti agli imprenditori di avere uno sguardo sereno sul futuro.
Da un’indagine su un campione di 927 aziende, appena realizzata dalla Confederazione Nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa, sulle prospettive, è venuto fuori che ben sei su dieci (il 61%) hanno difficoltà a formulare una previsione sull’andamento dell’economia italiana. Tra i restanti, la quota di chi prevede dodici mesi di difficoltà supera ampiamente quella di chi ritiene invece che l’Italia continuerà a crescere. Dario Costantini, presidente nazionale della Cna, spiega che «la guerra, il caro-energia e l’inflazione sono motivi di forte preoccupazione per le nostre imprese. L’incertezza in forte aumento orienta le imprese alla prudenza con la conseguenza di tagliare gli investimenti. Diventa fondamentale quindi mettere a terra le risorse del Pnrr e mantenere strumenti agevolativi come gli ecobonus, transizione 4.0 e Nuova Sabatini. Rilanciamo anche la nostra proposta di creare un fondo per incentivare gli investimenti per piccoli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili sfruttando i capannoni delle Pmi».
Dal Sole 24 ore del 6/1/2023
