In discesa il numero di aziende che investonoin beni materiali

Calata anche la percentuale delle società che dichiara un leggero utile

Le imprese italiane nell’era post-Covid sembrano aver frenato, nel complesso, su alcune leve di sviluppo come gli investimenti materiali e l’innovazione. Ma ogni lettura generalizzata rischia di essere fuorviante perché è in atto un fenomeno di polarizzazione che vede export e ricerca crescere tra le aziende più dinamiche e calare tra quelle più deboli. Il centro studi Met, nell’annuale indagine svolta su un campione di oltre 25mila imprese intervistate, rileva in sostanza una maggiore concentrazione di internazionalizzazione e R&S in un numero più ristretto di aziende.

Investimenti, R&S, innovazione

«Dopo la crisi Covid – osserva Raffaele Brancati, presidente di Met – si registrano, accanto a diversi indicatori di ripresa e di fiducia, anche segnali di interruzione dell’impegno delle imprese industriali e dei servizi alla produzione in investimenti materiali e immateriali, in R&S e nell’innovazione». Dopo una fase di crescita, in Italia si è ridotta la percentuale di imprese che realizzano investimenti materiali: nel 2021 il valore (26,4%) è più basso di quello registrato nel 2008. Gli investimenti immateriali avevano invece avuto una tendenza ascendente, anch’essa esauritasi nel 2021.

Per quanto riguarda la ricerca e sviluppo, la quota media di spesa sul fatturato è aumentata in misura marcata dal 2015, arrivando nel 2021 al 12,5 per cento. Ma dopo il Covid ci sono differenze significative da analizzare: un aumento molto forte per le imprese micro e piccole nel 2021 (e in particolare al Sud) e meno forte per le grandi. La lettura che ne deriva, secondo l’analisi di Met, è quella di un aumento dell’intensità della R&S all’interno delle imprese. Chi ha le spalle più solide continua anzi incrementa gli investimenti. Chi negli anni ha considerato la R&S un’attività da fare, ma laterale, ha decelerato ulteriormente. «E il fenomeno – evidenzia Brancati – sembra riguardare soprattutto un nucleo di piccole aziende del Centro-Nord, cuore del capitalismo nazionale».

Export

La quantità esportata in percentuale del fatturato è rimasta praticamente invariata nel 2021 rispetto al 2019 nel dato nazionale (poco sopra il 40%) mentre è aumentata di tre punti nel Mezzogiorno attestandosi attorno al 35%. La quota di fatturato all’esportazione aumenta al crescere della dimensione delle imprese, ed è salita per le micro, medie e grandi imprese nel 2021 di 1, 1,5 e 5 punti percentuali rispettivamente. Per le imprese piccole, invece, la quota si è ridotta, anche se di poco. Il biennio 2020-21 è stato caratterizzato da un calo delle percentuali di imprese piccole, medie e grandi che esportano, ma la quantità in percentuale del fatturato è aumentata per le due classi dimensionali più grandi. In sostanza anche in questo caso, come per la R&S, c’è stata una maggiore concentrazione dell’attività su un numero inferiore di imprese.

La redditività

Dopo le crisi finanziarie e reali del 2008 e del 2011 la reazione del sistema industriale alla fase più acuta dell’emergenza Covid-19 «è stata immediata e totale» secondo gli analisti di Met, anche grazie alle politiche di sostegno pubbliche che hanno funzionato, ad esempio con il potenziamento del Fondo di garanzia Pmi. Tuttavia, «anche se la maggioranza relativa delle imprese – il 50% – si dichiara in leggero utile, la percentuale è calata sostanzialmente rispetto al 2019. Una diminuzione percepita soprattutto dalle micro e piccole imprese, e in minore misura dalle medie. Aumentano molto, inoltre, le percentuali di imprese in forte perdita al di là delle dimensioni, e anche le percentuali di imprese micro e piccole in leggera perdita».

La doppia transizione

L’indagine sintetizza anche il livello raggiunto dalle imprese sui cambiamenti tecnologici 4.0 e sulla sostenibilità energetica nel 2021, quindi prima di poter misurare gli effetti del Pnrr. In media, nelle forme più avanzate costituite dalle cosiddette tecnologie 4.0, sono interessate circa il 15% delle imprese industriali. Gli investimenti per migliorare l’efficienza energetica interessano invece quasi il 13% delle imprese, con punte superiori al 30% nel caso delle imprese di dimensioni medie e grandi, e in media l’impegno finanziario collegato alle attività green viene stimato intorno all’8% del fatturato.

Dal Sole 24 ore del 16/12/2022

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